4 - I MERITI REALI, QUELLI IMMAGINARI E LE COLPE DELLA MEDICINA
Per chiarezza bisogna
riconoscere anzitutto che la medicina ha anche dei meriti reali, ad esempio:
- gli antidoti dei
veleni salvano la vita se presi in tempo;
- gli anestetici
permettono di subire interventi chirurgici necessari anche a chi non se la
sente di fare luce con la candela al chirurgo, come Ciro Menotti a chi gli sta
tagliando la gamba;
- i medicinali per
stordire i malati mentali e assicurare così la pace all’ambiente.
- gli ormoni sostitutivi
per chi ha perso il pancreas o la tiroide o la loro efficienza;
- gli antibiotici contro
quelle varietà di germi, come i parassiti, che il sistema immunitario non è in
grado di eliminare da sé.
- il cortisone e simili
contro le reazioni anafilattiche.
- gli interventi
chirurgici, ad esempio contro le ferite o la diffusione delle cancrene.
Analogamente può essere preziosa l’opera di altri
professionisti non igienisti.
Così, lo stesso Mosséri riconosceva l’utilità
dell’azione dell’osteopata, ad esempio, in caso d'incidente o di spostamento
delle prime tre vertebre (Ig34p34).
A parte casi di questo genere, secondo gli
igienisti, alla medicina sono attribuiti meriti
ingiustificati.
1) Ad esempio l’Uallungamento della vita mediaU sarebbe dovuto piuttosto:
-
al progresso
economico-sociale che ha consentito alla popolazione di vivere in abitazioni
meno affollate e malsane,
-
alla riduzione
dell’orario di lavoro e alla meccanizzazione,
-
alla maggiore
disponibilità di cibo e alla possibilità di conservarlo meglio;
Il
genetista Richard Lewontin afferma che quando furono scoperti gli antibiotici
la mortalità da morbillo era già scesa del 90-95% rispetto a quella di una
volta (Gene, organismo e ambiente, p94, Economica, Editrice Laterza).
-
alla relativa
mancanza di guerre che in precedenza hanno decimato la popolazione e in
particolare i giovani più sani e destinati alla longevità,
-
ai farmaci salvavita
e alla maggiore assistenza sanitaria, il
cui merito è piuttosto dei contribuenti.
2) Il
preteso Udebellamento di alcune malattieU, oltre che alle ragioni già dette, andrebbe attribuito al cambio di
nome di alcune di esse. Ad esempio la sifilide sarebbe stato chiamata herpes,
la paralisi infantile prima chiamata poliomielite, poi scissa in meningite
asettica e sclerosi multipla. Le persone estranee all’ambiente della medicina
potrebbero così pensare che quelle malattie non colpiscono più.
3) Inoltre
alcune malattie come il => Vaiolo Unon
sarebbero state così terribiliU se curate alla
maniera igienista, ma lievi e addirittura benefiche.
In altre parole, erano piuttosto le cure mediche,
che mirano a sopprimere i sintomi, a rendere pericoloso il vaiolo.
E la difterite si sarebbe potuta prevenire dando
meno proteine da mangiare ai bambini, poiché è nell’abuso di esse la causa principale di tale malattia, secondo gli
igienisti (AIAB p321).
4) Anziché
di scoperta di farmaci più efficaci si dovrebbe parlare di Ufarmaci meno assassiniU. Gli igienisti
pionieri, nell’ottocento guarivano anche la polmonite nella quasi totalità dei
casi senza bisogno di medicinali mentre con le medicine di quei tempi moriva
dal 15 al 35% dei malati.
5) Visto che si attribuisce alla medicina la minore
frequenza di alcune malattie, perché non attribuirle anche l’aumento delle
malattie cardiache, di quelle tumorali e di quelle mentali e nervose?
* * *
Le colpe
della medicina, secondo gli igienisti, sono piuttosto:
- l’implicito incoraggiamento ai malati a trascurare
l’allontanamento delle vere cause delle malattie, le quali spesso stanno
nell’errato modo di nutrirsi e di vivere. Ciò col tempo porta all’aggravamento
delle malattie a causa del carattere palliativo delle terapie;
- la mutilazione - che a volte procura
accidentalmente la morte - di tanti malati i cui organi potrebbero essere
guariti col metodo igienista;
- gli effetti indesiderati dei medicinali
che portano a nuove malattie e disfunzioni.
- e il peggioramento della salute delle nuove
generazioni, sempre più soggette a cure mediche, probabilmente più
benefiche al portafoglio della lobby che alla salute delle persone.
Tra tanti altri, il libro Vedere bene senza
occhiali di Christopher Market afferma che “ le condizioni fisiche e mentali
della maggior parte dei giovani sono talmente inadeguate che essi non sarebbero
in grado di superare, anche se lo volessero, gli esami previsti per
l’arruolamento nelle forze armate” (VBSO p11).
* * *
I seguenti sono esempi tragicomici di quello che
può succedere con l’uso dei farmaci.
UUn uomo con la gola molto infiammataU fu curato con la penicillina.
Allora ebbe una reazione allergica e fu curato con
gli antistaminici. A causa di questi, si assopì mentre lavorava a una macchina
e si tagliò la mano.
L’infermiera gli somministrò la penicillina. Gli
ritornò l’allergia e gli s'infiammarono occhi e labbra.
Gli fu dato il cortisone. Allora sentì un dolore al
ventre ed ebbe sangue nelle feci.
Operato allo stomaco, gli fu necessaria una
trasfusione. Allora insorse un’epatite, poi un’itterizia e fu nutrito per endovena.
Nel punto in cui erano stati inseriti la siringa e
un tubo di plastica si formò un nodulo sensibile e fu curato con la tetraciclina.
Allora ebbe una diarrea e delle coliche dolorose.
L’antispasmodico prescritto faceva parte della
famiglia della belladonna e causò una dilatazione d'iride e pupilla con
disturbo della vista: il paziente investì un albero con la sua automobile e morì
(Ig34p30).
UUna ragazza aveva crampi, dolori
addominaliU, pallore e perdita di peso.
Le fu diagnosticata l’ileite e fu curata con gli
antibiotici e il cortisone, fu operata più volte e spesso passava tre quarti
dell’anno in ospedale.
Ebbe anche delle fistole.
Doveva correre ogni giorno al bagno per la diarrea.
In seguito cominciò a perdere anche il controllo degli intestini, poiché in
occasione degli interventi chirurgici molti tessuti erano stati tagliati.
Dopo venti anni, ancora raccoglieva fondi per
finanziare le ricerche mediche riguardo alla sua malattia.
Sarebbe guarita in pochi mesi ricorrendo
all’igienismo (Ig25p30).
UUna ragazza affetta da epilessiaU dopo inutili operazioni e terapie andava aggravandosi sempre più.
Rimandata a morire a casa, ridusse le medicine del
90%. Subito il suo stato migliorò molto e la sua vista e l’udito ritornarono
normali.
Tornò all’ospedale per un controllo ma non disse
che aveva quasi smesso di usare le medicine.
Vedendo il suo miglioramento, il medico chiamò i
suoi colleghi per stupirli con i risultati che credeva di avere ottenuto; e
prescrisse ancora più medicine.
Poi la ragazza si recò in una casa igienista dove
digiunò cinquantotto giorni e guarì dall’epilessia e da gran parte degli altri
disturbi causati dalle medicine (L4SDLM p94).
Se è possibile che i farmaci causino seri danni anche usandoli per breve tempo
come nel primo caso raccontato sopra, a maggior ragione si dovrebbe aver timore
di fare lunghe cure per mezzo di essi anziché lasciarsi incantare dai loro
apparenti benefici.
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